Luigi Ceci
Sintassi latina
Genitivo (e ablativo) di prezzo
Genitivo di valore (una specie di genitivo di qualità); ablativo di prezzo (strumentale). Ablativo di prezzo: “comprare” (più “vendere” e “costare”). Latino arcaico: emere, redimere, mercari, liberare, conducere, dare, stare, constare (auro, aurichalco).
N.B. Plauto aggiunge contra: Mil. 1076.
La latinità classica e posteriore aggiungono poi: aestimare, putare e i frequenti pensare, venditare, taxare.
Si compera (e si vende) magnis talentis, quadraginta minis, grandi e praesenti pecunia ecc.
Prezzo non determinato: magno, quam plurimo, parvo, paullulo, minimo, tanto, tantulo. Non occorre intender pretio.
Italiano “in breve” = brevi.
Nota: per indicare il prezzo, i giuristi hanno dignus.
N.B. Espressioni: care, carius, carissime, vilissime emere, vendere, constare: latinità arcaica, non classica. Però Cic. de domo 115: emit domum licitatoribus defatigatis prope dimidio carius quam aestimabatur.
Genitivo di valore: magni, pluris, maximi e plurimi (questo è un uso pressoché costante). Così tanti, quanti.
Homo nihili (contrapposto homo frugi). Nota che nihili, come nequam, è sentito come aggettivo. Flocci facere (fiocco di lana: sempre unito col verbo. Nihil pensi (lana che si affida per il lavoro della giornata alla schiava), nauci, pili (capello). Plauto: homo trioboli; non terunci facere. Lucilio, 476 L: semissis. Catone: Prov., Non assis facere. Petronio: dupondii non facio; Persio: 5, 76: non tressis.
Verbo: esse (arcaico). Poi facere, pendere, ducere, putare, habere. Verbo classico: aestimare (popolare existimo).
Scambio continuo dell’ablativo di prezzo col genitivo di valore. Cic., off. 3, 23, 92: an emat denario, quod sit mille denarium.
E’ falso che si distingua la somma determinata dal prezzo indeterminato. Uso: Cicerone, Verr. 3, 18, 40, 41, 43 ecc. (in circa venti luoghi): magno, permagno, parvo, plurimo, pluris, minoris, decumis vendere. La differenza? Nulla per l’idea. La forma: non si usa mai l’ablativo plure nell’età ciceroniana; poteva aversi minore ma fu attratto da pluris. Veceversa, regola ciceroniana: magni, tanti, quanti aestimare. Cic., Verr. 3, 214, 215, 220: aestimare tribus, ternis, denis denariis; Nep., Timoth. 3, 5: lis eius aestimatur centum talentis. Ma Cic., Verr. 3, 221 (eccezionale): stultissimus quisque posthac minimo aestimabit: ma vale “piccola somma”, e risponde ai precedenti denariis aestimare. Invece negli scritti filosofici: Parad., 51: callidi rerum aestimatores prata et areas magno aestimant. Se precede una negazione od altra parola: Tusc., 3, 8: ista gloriosa sapientia non magno aestimanda, ovvero fin. 5, 90: satis magno aestimanda.
Cic., Verr. 4, 118: In hac insula extrema est fons aquae dulcis, incredibili magnitudine, plenissimus piscium (genitivo di contenuto!). Cicerone ha una cinquantina di luoghi coll’ablativo ingenio (forse una sola volta ingenii: d. or., 2, 300: videsne, quae vis in homine acerrimi ingenii). Sempre prudentia: homo summa prudentia. Phil. 3, 36: summa prudentia, virtute, concordia; Caec., 34: cum maiores nostri tanta diligentia prudentiaque fuerint. Cicerone sempre: aegro, altiore, anxio, angusto, consulari, excelso, firmo, forti, hostili, ieiuno, imbecillo, infirmo, inhumano, mobili, mansueto, magno, maximo, parvo, pravo, gravi, sapienti, simplici, singulari, stabili animo.
Cic., Brut. 237: P. Murena mediocri ingenio sed magno studio rerum veterum, litterarum et studiosus et non imperitus, multae industriae et magni laboris fuit; Ces., bell. Gall. 7, 39: Eporedorix Haeduus summo loco natus adulescens et summae domi potentiae, et una Viridomarus, pari aetate et gratia, sed genere dispari […] convenerant; Nep., Dat. 3, 1: Thuin, hominem maximi corporis terribilique facie, quod et niger et capillo longo barbaque erat promissa, optima veste texit.
Prima di Livio troviamo 35 volte l’ablativo corpore (con aggettivi). Oraz., epist. 1, 20, 24: corporis exigui. Sall., hist. 2, 16 = Svet., gramm. 15: eum (Pompeium) oris probi, animo inverecundo (variatio?); Liv. 30, 4, 1: calonum loco primos ordines spectatae virtutis atque prudentiae servili habitu mittebat.
Habitus, “vestimento” (che si cambia) può stare solo all’ablativo: Liv. 26, 6, 11: habitu italico; Tac., Ann. 4, 59: habitu tali repertus est; Liv. 31, 21, 6: (infans) sedecim annorum item ambiguo sexu.
Nella repubblica prevale l’ablativo, dopo l’impero si ha lo svolgimento del genitivo. Negli antichi autori è rara l’unione dell’ablativo qualitativo col genitivo qualitativo; in Plinio il vecchio è frequente.
Tacito: per amore della variatio, genitivo e ablativo. Ann. 4, 61: Haterius, familia senatoria, eloquentiae, quoad vixit, celebratae; Ann. 12, 2: ne femina expertae fecunditatis, integra iuventa, claritudinem Caesarum aliam in domum ferret; Ann. 15, 38: ad hoc lamenta paventium feminarum, fessa aetate aut rudis pueritiae.
L’oggetto di par si usa solo all’ablativo: Ces., bell. Gall. 7, 39: Viridomarus, pari aetate et gratia. Così, un sostantivo con aequus, par, similis o dissimilis è posto all’ablativo, non al genitivo, in Cicerone, Cesare, Nepote e Livio.
Aggettivi della terza declinazione: in Cicerone vi sono più di 130 esempi di aggettivi in –is all’ablativo; solo cinque appaiono al genitivo, e per speciali ragioni: pro Sulla, 34: maximi animi summi consilii singularis constatiae.
Cesare non ha genitivi di qualità con aggettivi della terza, ma ne ha due Hirtius: bell. Gall., 8, 8, 2; 8, 28, 2: singularis virtutis; singularis et animi et prudentiae.
Se si hanno due casi, si dice che sono due concetti: genitivo possessivo (“di alta fronte”), qualità immanenti; ablativo sociativo o descrittivo (“con alta fronte”), qualità transitorie.
Ma l’uso è ben diverso: latinità arcaica e classica, prevalenza assoluta dell’ablativo. Latinità argentea: incremento del genitivo.
Ragione della prevalenza dell’ablativo: influsso della forma. Sempre vi (perché manca il genitivo vis): Sall., Catil. 5, 1: Catilina fuit magna vi et animi et corporis. Facie, non faciei (di raro uso perché equivalente al dativo): Cic., Tusc. 1, 67: qua facie sit; Nep., Datam. 3, 1: hominem maximi corporis terribilique facie. Specie: Verr. 4, 129: eadem specie ac forma signum; Liv. 1, 11, 8: aureas armillas magni ponderis gemmatosque magna specie anulos. Pari (genitivo paris inusitato): Ces., bell. Gall. 7, 39: Viridomarus, pari aetate et gratia; Cic., Top. 71: pari gloria debent esse ei qui consulunt.
Aggettivi della terza declinazione: non si usa mai il genitivo, ma sempre l’ablativo. Singulari 30 volte in Cicerone, 17 volte in Cesare. Un solo esempio del genitivo (concinnitas) in p. Sulla 34: maximi animi, summi consilii, singularis constantiae. Ces., bell. civ. 3, 59: erant singulari virtute homines. Insigni: classici sempre ablativo).
Anche la latinità argentea: Liv. 29, 19, 8: puerum forma insigni; Tac., Hist. 4, 15: Brinno, claritate natalium insigni. Incredibili, mai incredibilis: Ces., bell. Gall. 1, 39: incredibili virtute, in Cicerone una dozzina di volte. Mediocri: Murena mediocri ingenio sed magno studio rerum veterum. Ma d. or. 1, 25: disputatio non mediocris contentionis. Cfr., Ces., bell. civ., 3, 36, 1: mediocri latitudine fossam. Inani, liberali, tenui, forti: così Cic., Brut. 330: forti animo esse, ma Cic., epist. 4, 7, 3: magni et fortis animi.
Nota: frequenti moris antiqui, multi pudoris.
Influsso dell’esametro: corpore meglio che corporis. Nep. Ag. 8, 1: statura fuit humili et corpore exiguo.
Si potrebbe dire: qualità immanenti del corpo (ablativo), qualità cangianti del corpo (genitivo). Ma la regola è contraddetta.
L’uso è ondeggiante; parecchi fattori: influsso della simmetria, poesia, variatio ecc. Ces., bell. Gall. 2, 29, 3: magni ponderis saxa, ma Cic., acad. 2, 83: aureum amiculum grandi pondere e Cic., Vatin. 9: boni viri, id est maximi momenti et ponderis (pondus = auctoritas). Livio sempre il genitivo magni ponderis: Liv. 1, 11, 8: aureas armillas magni ponderis. Ma Tac., Ann. 2, 57: coronae aureae magno pondere.
Il genitivo dovrebbe indicare la qualità principale, l’ablativo l’accessoria; il genitivo la qualità spirituale, l’ablativo la qualità esteriore. Ma la differenza è soggettiva.
Le parti del corpo umano, con poche eccezioni, all’ablativo. Così si dice eiusmodi o maximi pretii: mai un ablativo. Cic., epist. 13, 23, 2: hominem summa probitate, humanitate observantiaque cognosces; Cic., epist. 16, 4, 2: suavissimum hominem et summi officii summaeque humanitatis.
Si diceva multi cibi (non multo cibo). Cicerone dice sempre aetate (adulta, spectata); una sola volta il genitivo: Caec. 41: eiusdem aetatis nemo aut pauci.
Ablativo di qualità sempre magnitudine.
Vorremmo distinguere le due costruzioni, come distinguiamo l’ablativo di prezzo e il genitivo di valore.
La genesi sta nell’aggettivo che accompagnava il sostantivo. Legiones alacres animo, alacri animo; vir magnus animi (locativo), vir magni animi.
Interpretazioni false:
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genitivo dinota qualità interne, ablativo qualità esterne;
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genitivo (caso del prezzo) qualità permanenti, ablativo (caso della compagnia) transeunti e cangianti;
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col genitivo è rappresentato un oggetto come è (dal punto di vista del parlante); coll’ablativo come una cosa si mostra od appare;
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altri che le costruzioni si scambiano e non vi ha differenza netta di senso.
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Come si spiega il genitivo?
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Comunemente, genitivo possessivo. Ma il genitivo non esprime la cosa posseduta (e. g., una qualità), that which possesses. Vi è una confusione di pensiero.
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Il genitivo nasce dalla fusione di due costruzioni: 1) genitivo possessivo (uomo dell’ordine senatorio); genitivo dichiarativo (un’intervallo di cinque giorni). La mente romana era meno astratta dell nostra. Diceva “grande per virtù”: magnus virtute, magnus animi; poi, magna virtute.
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Antico locativo. I più antichi genitivi di qualità, composti di modi, pretii, generis vanno coi pronomi locativi hic, illi, isti. Plaut., Truc. 930: isti modi = Plaut., Epid. 119: istius modi.
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L’ablativo di qualità risulta dalla fusione più o meno completa di tre costruzioni:
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ablativo di compagnia (uso di una preposizione);
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ablativo locativo di una situazione o condizione (uso di una preposizione);
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ablativo separativo (illustrato da una preposizione).
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Liv. 32, 9, 3: agnum cum duobus capitibus natum;
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Cic., Att. 6, 2, 6: magna in spe sum;
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Cic., Font. 19, 42: ex eo genere homines.
L’uso dell’ablativo è più antico.
In Plauto il genitivo è usato al pari dell’ablativo, ma la forma comune è l’ablativo. L’ablativo è usato largamente per le descrizioni fisiche. Il genitivo, a prescindere dai composti di modi, generis, pretii è limitato ad espressioni poco usate e per lo più figurative.
Con Cicerone cresce a dismisura l’ablativo, specie nelle qualità astratte e cogli aggettivi summus, magnus, maximus, tantus e pochi altri.
In Cesare vi è equilibrio.
Con Livio cresce l’uso del genitivo, scema quello dell’ablativo.
Ai tempi di Velleio e di Valerio l’abbandono dell’ablativo è completo.
L’ablativo ingenio è preponderante: 57 luoghi in Cicerone con ablativo, forse 6 col genitivo.
Cambian le proporzioni dell’età argentea, fra l’ablativo e il genitivo. Ma in 620 genitivi qualitativi dell’età argentea, solo 19 hanno aggettivi in –is.
Sempre insigni (insignis in Giustino), incredibili, forti, immani, liberali, tenui, mediocri, tristi.
Genitivo plurale: non è frequente, ma non si può dire che sia evitato: Cic., Brut. 286: multarum orationum; Orat. 85: valentiorum laterum; Tusc. 5, 1, 10: tantarum virium; Sall., Iug. 85, 10: multarum imaginum; 28, 20: levium corporum.
Prosa classica (Hale):
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genere e misura posono essere espressi col genitivo;
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genere e qualità (esterna od apparente) possono essere espressi coll’ablativo; also, in poche frasi (?), situazione e condizione mentale.
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Genus è raramente usato coll’ablativo, modus mai.
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Poche voci di apparenza esterna di genere generale (statura, forma, figura) sono occasionalmente usate al genitivo.
Parti del corpo originariamente coll’ablativo, ma quando si ha riguardo all’idea di genere (statura, forma, figura), si ha anche il genitivo.
La più antica espressione di una qualità mentale usa l’idea della “compagnia”: magna virtute. Ma quando si ebbero frasi di origine possessiva (eius generis), si ebbe magnae virtutis homo. Le due costruzioni, per questa classe di idee, si scambiano.
Coi numerali resta il genitivo.
Il caso “di”, il caso “con”: la differenza non è oggettiva, ma soggettiva. Cic., Brut. 237: P. Murena mediocri ingenio sed magno studio rerum veterum litterarum et studiosus et non imperitus, multae industriae et magni laboris fuit; cfr. Brut. 237: L. Turius parvo ingenio, sed multo labore.
I composti greci con πολύ son usati per lo più col genitivo. Cic., Rosc. Am. 17: plurimarum palmarum gladiator ; Or., Od. 3, 9, 7: multi Lydia nominis; Plauto, cibi minimi; Cic., Fam. 9, 26, 4: non multi cibi hospitem accipies; Or., Sat. 1, 1, 33: magni formica laboris; cfr. multae artis.
Tac., Hist. 1, 14: Piso moris antiqui.
Plurale: Cic., d. lege agr. 2, 36: via Herculanea multarum deliciarum et magnae pecuniae.
Le designazioni dell’età stanno al genitivo, ma anche all’ablativo. Ces., bell. Gall. 6, 18, 3: filium puerili aetate; Cic., Verr. 5, 21, 30; Tusc. 1, 93; Off. 2, 87; Liv. 5, 18, 1.
Le designazioni di peso stanno al genitivo, ma anche, più raramente, all’ablativo. Cic., nat. deor. 3, 83: amiculum grandi pondere; Verr. 2, 4, 32: hydriam praeclaro opere et grandi pondere; Liv. 24, 34, 8: saxa ingenti pondere; Or., Epod. 4, 17.
Numero: pictura paucorum colorum; Cic., Brut. 281: multarum orationum.
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Il genitivo di qualità si usa in Cesare per lo più attributivamente (in bellum Gallicum, 24 usi attributivi; solo 4 luoghi predicativi: 4, 2, 2; 5, 11, 5; 7, 77, 3; 5, 6, 1).
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L’aggettivo attributivo è per lo più magnus, maximus, summus, tantus. Sole eccezioni: levis armaturae, gravioris aetatis, multae operae et laboris.
Anche in Cicerone prevalgono gli aggettivi magnus, maximus, summus, tantus; però fortissimi animi, multae artis, plurimi consilii, sanae mentis ecc.
Una mescolanza di genitivo e ablativo in Cic., de leg. 3, 45: vir magni ingenii summaque prudentia; Cic., Brut. 237: Murena mediocri ingenio, sed magno studio rerum veterum, multae industriae et magni laboris fuit; Nep., Datam. 14, 3, 1: hominem maximi corporis terribilique facie (è il terribilis della terza) quod et niger et capillo longo barbaque erat promissa.
Genitivo di qualità attributivo usato da Cicerone: maximi ingenii, praestantissimae mentis, summae auctoritatis, summi consilii et maximi animi, imbecilli consilii, tantae luxuriae atque desidiae, minimi consilii, nullius auctoritatis, summi laboris summaeque industriae, tanti periculi, summae virtutis, magni laboris, multae operae multarumque causarum, magni animi, tantorum virium, sanae mentis, aliarum formarum, parvi animi, fortissimi animi, magni laboris, summi officii humanitatisque, multae artis, plurimi otii, parvae curae, sanae mentis, nullius consilii, (imbecilli, optimi, minimi) acerrimi ingenii, multae industriae, magni laboris, magni iudicii, summae facultatis.
Nota: si ha un genitivo di qualità con magni, maximi, parvi, minimi, ma non con maioris, minoris. Cicerone, Cesare, Nepote evitano il genitivo di qualità con un aggettivo della terza declinazione, tranne quando per una specie di attrazione si trovi accanto a un aggettivo della seconda o della prima declinazione. In Ces., bel.. civ. 3, 35, 2, veteris (veteris potentiae, summae nobilitatis); Cic., Sull. 34, singularis (maximi animi, consilii singularis, summae constantiae); Cic., Sest. 45: acris (acris animi magnique).
Ma le eccezioni non mancano: Cesare: levis armaturae, gravioris aetatis; Cicerone: mediocris contentionis (d. or. 1, 252), acrioris ingenii, maioris artis (Or. 90), fons aquae dulcis (Verr. 4, 118).
Si ha un genitivo di qualità al plurale: Cic., Brut. 246: multarum causarum; Tusc. 3, 15; nat. deor. 2, 48.
Ablativo di qualità attributivo in Cesare: inimico animo, summa audacia, magna gratia, magna altitudine, summa virtute, summa crudelitate, immani magnitudine, difficili transitu, ripis praeruptis, pari aetate, eadem altitudine, magno animo, iracundia summa, ea auctoritate.
Ablativo di qualità predicativo in Cesare: bono animo, incredibili virtute, tenuissima valetudine, magno honore, hac forma, leviore fastigio, difficili et arduo ascensu, excellenti virtute, humiliore munitione, altissimis moenibus, inpeditis ripis, singulari virtute (audacia), magna altitudine.
Ablativo di qualità in Nepote: magno natu, viribus maximis, terribili facie, difficillima natura, tanta liberalitate.
Quando si ha un genitivo coll’ablativo: digiti pollicis crassitudine, specie tauri, feminis crassitudine, sex pedum crassitudine, oppidi magnitudine.
Cicerone: ablativo di qualità 463 volte, genitivo di qualità 30, all’infuori delle lettere e di nove orazioni. Cesare, bellum Gallicum: ablativo di qualità 39 volte, genitivo di qualità 28. Anche Nepote, Sallustio e Livio preferiscono l’ablativo di qualità. Solo Cesare è lo scrittore che usa più frequentemente degli altri il genitivo di qualità.
Nota: In Cesare (bellum Gallicum) il genitivo di qualità sta per lo più attributivamente (52 usi attributivi contro 15 predicativi). bell. Gall. 2, 30, 4: tantulae staturae; bell. Gall. 5, 14, 3: capillo promisso.
L’ablativo di terza declinazione raccomandato dalle clausole (prosa) e dall’esametro (quinto piede). Comune corpore (rarissimo corporis).
Nota: al singolare, moris, non more (Liv., 39, 11: probam et antiqui moris feminam). Al plurale, moribus: Tac., Ann. 17, 19, 3: hominem corruptis moribus.
Genitivo di pondus: Cesare sempre ponderis. Cicerone 2 sole volte pondere, ma sempre ponderis. Comunemente, ponderis, e pondere nei poeti.
Parti del corpo (ci richiamano all’idea della compagnia): sono all’ablativo. Sempre facie e specie, mai faciei e speciei. Nep., Dat. 3, 1: Thuyn, hominem maximi corporis terribilique facie; Sall., Iug. 6: decora facie. Macilento ore, naso acuto.
Forma è arcaico e classico; ma formae si ha nelle Satire di Orazio e in Ovidio; si estende con Livio e l’età imperiale. Liv. 32, 30, 2: maximae formae naves.
I genitivi della quarta sono evitati.
Gli antichi scrittori e Cicerone usano solo spe. Ma Ces., bell. Gall. 7, 63, 9: summae spei adulescentes (non “di grandissime speranze”, ma “di grandissime promesse”).
Così, gli antichi scrittori e Cicerone usano solo fide. Con Livio si ha il genitivo (2, 21, 3: quia collega dubiae fidei fuerit).
Genitivo col gerundivo (genitivo di qualità): Tac., Ann. 2, 59: Aegyptum proficiscitur cognoscendae antiquitatis = iter fecit cognoscendae antiquitatis; Sall., or. Phil. 3: M. Aemilius exercitum opprimendae libertatis habet = genitivo di qualità; Tac., Ann. 3, 27: pulso Tarquinio multa populus paravit tuendae libertatis et firmandae concordiae.
Ces., bell. Gall. 6, 34: neque ex occulto insidiandi et dispersos circumveniendi deerat audacia, in luogo di dispersorum circumveniendorum.
Cicerone, Cesare e Nepote evitano il genitivo qualitativo con un aggettivo della terza declinazione. Ma si trova per simmetria con un aggettivo della prima e seconda declinazione: Ces., bell. civ. 3, 35, 2: veteris; Cic., p. Sulla 34: singularis; Cic, p. Sest. 45: acris.
Isolato in Cicerone aestimare con ablativo: magno, permagno, minimo, nonnihilo. Così con avverbi, come tenuissime, graviter (Ces., bell. Gall. 7, 14, 10), leviter (Ces., bell. civ. 3, 26, 41).
Aestimare senza un genitivo di prezzo significa “giudicare”, “valutare”. E con questa accezione va con avverbi di modo o di maniera: vere, leviter, optime aestimare.
E’ più frequente il genitivo di prezzo magni, pluris, plurimi ecc. che l’ablativo magno, permagno.
Aestimare ed existimare: aestimare si dice solo del prezzo, existimare quando si giudica la qualità (aliquid bonum existimare).
Cicerone: aestimo e facio oltre 60 volte ciascuno. Aestimo (magni, pluris, plurimi, parvi, minoris, tanti, tanti, tantidem, quanti, permagni (Att. 10, 1, 1), maximi (Cluent. 159). Cicerone: flocci facere.
Nepote conosce solo aestimo e facio. Puto in Cicerone 8 volte, duco 4. Habeo solo con nauci (div. 1, 132). Mai Cesare.
Haberi solo 3 luoghi in età classica (Ces., bell. Gall. 4, 21, 7: magni; Cic., Phil. 6, 10: pluris; Cic., Verr. 4, 19: quanti). Esse circa 90 luoghi in Cicerone. Pendere né Cicerone né Cesare.
Plurimi = maximi. Ma in Cicerone plurimi 17 volte; maximi isolato (Cluent. 159: maximi aestimare; fam. 16, 15, 1: maximi facere).
Cicerone pro nihilo putare, habere (ducere), pro nihilo esse e nihili esse.
Nota fin. 2, 43: pro nihilo videri. Cicerone ha anche aestimare coll’ablativo magno, permagno, minimo, nonnihilo. Così, cogli avverbi, tenuissime (Cic., Verr. 4, 35), graviter (Ces., bell. Gall. 7, 14, 10), leviter (Ces., bell. civ. 3, 26, 4).