Genitivo del delitto e della colpa

Luigi Ceci

Sintassi latina

Genitivo del delitto o della colpa

I seguenti verbi, propri del linguaggio giudiziario, vogliono nel caso genitivo il nome del delitto o della colpa, anche, per analogia, nel linguaggio extragiudiziario:

Absolvere (assolvere): improbitatis, maiestatis.

Accusare (accusare): furti, maleficii, parricidii, sceleris, coniurationis, avaritiae, ambitus, maiestatis.

Arcessere (processare, chiamare in guidizio): maiestatis, pecuniae captae, capitis.

Arguere (accusare) probri, facinoris, sceleris.

Convincere (convincere) repetundarum, maleficii, neglegentiae, inhumanitatis, amentiae.

Coarguere (convincere, accusare) avaritiae, indicii.

Condemnare e damnare (condannare) peculatus, caedis, iniuriarum, coniurationis, ambitus, furti, maiestatis, facinoris, proditionis.

Insimulare (accusare, calunniare) avaritiae ac audaciae, cupiditatis, probri, flagitii.

Postulare (chiamare in giudizio, accusare) capitis, repetundarum.

Col genitivo si unisce talvolta l’ablativo crimine, lege, nomine, indicio; mai con il genitivo criminis, legis, nominis ecc.

Spesso il nome del delitto o della colpa si pone in ablativo con de, raramente in ablativo senza preposizione.

Si dice sempre accusare, arguere, damnare aliquem de vi, de veneficiis (di violenza, di avvelenamento) e accusare aliquem inter sicarios (di assassinio).

Cic., ad Herenn. 2, 13: Caelius iudex absolvit iniuriarum eum, qui Lucilium poetam in scaena nominatim laeserat.

Ces., bell. Gall. 7, 19, 5: Summae se iniquitatis condemnare debere.

Ces., bell. Gall. 7, 20, 1: Proditionis insimulatus.

Cic., pro Cluent. 41, 116: Reo damnato de pecuniis repetundis.

Cic., pro Rosc. Am. 32, 90: Sexcenti sunt, qui inter sicarios et de veneficiis accusabant.

Altro è il complemento del delitto o della colpa e altro il complemento della pena. Questa, quando è indicata con termine non generico, va in ablativo (carcere, exilio, pecunia); quando è indicata con termine generico, va in genitivo (tanti, tantidem, pluris, minoris, dupli ecc. ecc.).

Cic., de prov. consul. 15, 38: multari imperatorem deminutione provinciae contumeliosum est.

Nepote., Milt. 7, 6: Causa cognita, capitis absolutus, pecunia multatus est.

Condannare uno a morte si dice aliquem capite o capitis damnare o aliquem morte multare.

N.B. La frase accusare reum si trova per la prima volta in Quintiliano; Nepote non ha incuso, insimulo, coarguo, convinco, condemno, ma accuso, reum facio, damno, absolvo, arguo; non sono dell’età classica le frasi damnare, condemnare ad bestias, ad leones, ad metalla ecc. ecc.

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