Genitivo oggettivo con i verbi impersonali miseret, piget ecc.

Luigi Ceci

Sintassi latina

Genitivo oggettivo con i verbi impersonali miseret, piget ecc.

I seguenti verbi impersonali, che esprimono una sensazione dell’animo: miseret (“ho compassione”), piget (“mi rincresce”, “sento dolore”), paenitet (“mi pento”) pudet (“ho vergogna”), taedet, il cui perfetto è pertaesum est (“ho a noia”) vogliono in accusativo il nome della persona che sente la sensazione e in genitivo il nome della persona o della cosa per cui la sensazione si sente, che è un genitivo oggettivo, il quale si spiega con l’idea nominale insita nel verbo. Prisciano dichiara (18, 60) pudet me tui = pudor me habet tui. Cic., de fin. 2, 21, 69: Pudebit te, inquam, illius tabulae, quam Cleantes sane commode verbis depingere solebat. Sall., Iug. 4, 8: Dum me civitatis morum piget taedetque. Cic., Att. 9, 10: Hoc tamen dicam, non paenitere me consilii de tua mansione.

Quando la cosa di cui uno si pente, si vergogna è espressa con un un pronome neutro, va in accusativo. Cic., Tusc. 5, 28, 81: Sapientis est enim proprium nihil quod paenitere possit facere. Quando è espressa con un verbo va o all’infinito o all’indicativo con quod o si risolve in una interrogativa indiretta, come si vedrà meglio a suo luogo: Ces., bell. Gall. 17, 42, 4: Ad sanitatem reverti pudeat. Ces., bell. civ. 2, 32, 12: An paenitet vos, quod salvum atque incolumem exercitum nulla omnino nave desiderata traduxerim? Cic., de off. 1, 2: Tamdiu autem velle debebis, quoad te quantum proficias non paenitebit.

Egli si pente”, “essi si pentono”, “egli si vergogna”, “essi si vergognano” ecc. si dice eum paenitet, eos paenitet, eum pudet, eos pudet ecc. Nep., Att. 15, 2: Numquam suscepti negotii eum pertaesum est.

Se si adopera solo quando questi verbi si trovano in una proposizione oggettiva e il soggetto della proposizione principale è la stessa persona che si pente, si vergogna ecc. ecc. Cic., Att. 11, 13: Ait enim se ex tuis litteris intellegere tibi non placere, quod ad multos de me asperius scripseris: itaque se paenitere, quod animum tuum offenderit.

Si notino le seguenti espressioni: eum piget stultitiae suae; sunt homines quos infamiae suae neque pudeat neque taedeat; suae quemque fortunae maxime paenitet; me miseret sociorum.

N.B. In luogo di me miseret la prosa classica usa misereor. Me miseret è ignoto a Cesare, a Sallustio, a Nepote, a Livio (21-22), a Ovidio e ad Orazio. Cicerone nei primi scritti usò me miseretur alicuius, dopo miseret me alicuius o misereor alicuius. Lo stesso Cicerone usa di rado piget e taedet.

Quando i suddetti verbi impersonali dipendono da un verbo servile (soleo, possum, desino, coepi ecc. ecc.), diventa impersonale il verbo servile; quando invece dipendono da un verbo servile che esprima desiderio o volontà (volo, nolo, cupio ecc.), il verbo servile si usa personalmente e il verbo impersonale va al congiuntivo, di solito senza ut. Cic., Att. 8, 5: Etsi solet eum, cum aliquid furiose fecit, paenitere.

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