Luigi Ceci
Sintassi latina
Dativo possessivo
Esse col dativo possessivo è del linguaggio volgare e familiare. E’ una costruzione non ben ferma: ha qualcosa d’indeterminato. Res est si determina col dativo, con habeo la locuzione è più determinata e più breve.
-
Cicerone ferma l’uso puro, classico con habeo.
-
Cicerone l’usa negli astratti perché non si tratta di un vero possesso.
-
La metà dei 27 luoghi con nomi concreti si ha nelle lettere e nella oratio pro Quinctio.
-
Inoltre, ricorrono tre formole stereotipe che, prese insieme, danno la metà (49%) degli esempi del dativo possessivo.
Cicerone preferisce il dativo con esse cogli astratti, ma non ignora le costruzioni con habeo. Una metà degli esempi cogli astratti è assorbita da tre formule:
-
locus mihi est (59 volte, 6 in senso proprio, le altre volte in senso metaforico);
-
potestas mihi est (25 volte);
-
causa mihi est (33 volte).
In totale, 117 luoghi.
Dativo con locus est: 6 volte in senso proprio, per lo più in senso metaforico (locus est = fieri potest), 31 volte col dativo della cosa possidente, 28 volte col dativo della persona possidente.
Cicerone non dice amici mihi sunt, ma sibbene amicorum copia mihi est: 4 volte con nomi di persona, 51 volte cotesta costruzione.
A nome della buona prosa latina, si è dato il bando al verbo habere quando occorra significare il possesso. Patri domus est, mihi libri sunt, son queste le costruzioni che si raccomandano nelle nostre grammatiche. Pater domum habet, agrum habeo paion volgari ai nostri ciceroniani. Ma Cicerone non usa il dativo con esse per significare il possesso di beni materiali. Cicerone usa habeo.
A nome della buona latinità, le grammatiche insegnano: domus mihi est, non domum habeo; mihi libri sunt, non libros habeo. Si è dato il bando al verbo habere quando occorra esprimere il possesso. Patri domus est, non pater domum habet; mihi libri sunt, non libros habeo. Ora, esaminiamo il bel capo! Il dativo possessivo con esse è usato in ben 239 luoghi da Cicerone. Lo credereste? In solo 4 luoghi (il 1,7% di tutti gli esempi), Cicerone si vale di questa costruzione quando la cosa posseduta è un nome concreto.
Dunque Cicerone per il indicare il possesso vero e reale usa habeo; il dativo con esse, cogli astratti, quando non si ha un possesso vero e manifesto.
Est mihi liber non compare in Cicerone.
Possesso assoluto (si ei viro mater familias esset); possesso determinato o possesso qualificato (fortissimum tibi patrem fuisse).
Il possesso assoluto è comune in Cicerone con est mihi causa, locus, potestas, aditus, reditus, facultas, ius; tutto il resto è isolato, sporadico.
Possesso determinato: Cicerone ha esempi come res familiaris, vir equestris, hebes acies oculorum, sua cuique civitati religio est, similis finis o magna nobis spes est, Quae vita fuisset Priamo?
Con mihi est:
-
Si possiede la persona: in Plauto, 42 luoghi (pater, parentes, filius, soror, amica, hospes, servus, ancilla, discipulus). In Cicerone, 4 luoghi; inoltre, lo unisce 5 volte coi nomi collettivi copia e inopia.
-
Si possiede la persona e la cosa concreta: in Plauto, 2 luoghi (liberi e divitiae, patria e parentes). In Cicerone, 2 luoghi.
-
Si possiedono cose concrete ed individue: in Plauto, 36 luoghi (aedis, cera nel senso di tabella cerata, domus, machaera, montes, pons, nummi, digiti, caput, lingua ecc.). In Cicerone, 4 luoghi.
-
Si possiedono concreti collettivi indicanti soprattutto “pecunia” ed “opes”: in Plauto 41 luoghi (divitiae, argentum, thensaurus, victus). In Cicerone, 12 luoghi.
Il dativo possessivo con esse è usato in Cicerone 239 volte. Ma in 212 volte la cosa posseduta è rappresentata da un astratto; 12 volte da un concreto collettivo; 4 volte da un concreto individuo (1,7% di tutti gli esempi), 4 volte da una persona (1,7% di tutti gli esempi).
Dunque la locuzione res est mihi è del linguaggio volgare (frequentissima in Plauto) e del discorso familiare, tanto che in Cicerone la metà degli esempi con nomi di persona, concreti individui e concreti collettivi si ha nelle lettere e nella prima orazione Pro Quinctio. Le tre formule stereotipe locus, potestas, causa mihi est danno la metà degli esempi.
La costruzione non è ferma; ha qualcosa d’indeterminato. Ma con habeo la locuzione è più determinata.
Plauto, che ha 315 volte la costruzione di esse col dativo, ha 187 volte il nome astratto, ma 36 volte il concreto collettivo (divitiae, argentum, thesaurus, victus), 42 volte i nomi di persona (pater, parentes, filius, soror, amica, ancilla, servus, discipulus) e 38 volte i concreti individuali (aedes, cera = tabella cerata, domus, machaera, montes, pons, nummi, digiti, caput, lingua ecc). Quindi liber mihi est, amici mihi sunt è costruzione preferita in Plauto.
Codesto costrutto ricorre in Cicerone 239 volte. Ma in 212 luoghi la cosa posseduta è rappresentata da un astratto: potestas (25 volte), locus (59 volte, di cui 53 in senso metaforico = fieri potest), causa (33 volte), otium (3 volte), tempus (1 volta), aditus (7 volte), reditus (4 volte), facultas (4 volte) ecc.; in 12 luoghi da concreti collettivi (come pecunia, opes). Solo 4 volte si ha il concreto individuale (come domus, caput ecc.), e solo 4 volte un nome di persona (come pater, filius). Cicerone quindi non dice liber mihi est = ho un libro, ma librum habeo. Non dice amici mihi sunt, ma amicorum copia mihi est.
Altri astratti in Cicerone: honos (2 volte), ops, ornamentum, delectatio, voluptas, fructus, vita (2 volte), occasus, exstinctio, quies, fons (metaforico), partitio, finis, ius (3 volte), commercium (2 volte), lex (3 volte), mos (2 volte), modus (2 volte).
Negotium (res) mihi est (cum aliquo) è una locuzione ignota a Cicerone.
Mai in Cicerone nomi di condizione o azione del corpo con il dativo di possesso (solo de fin. 4, 65: hebes acies est cuipiam oculorum).
Nomi di condizioni o azioni dell’animo in Cicerone 16 volte: silentium, sanitas, suaviloquens iucunditas, quies vitae, religio, corruptela ac demutatio morum, nihil mali, nihil beatius, nihil certi, tantum offensionis, sensus (2 volte), acerbitas, quid animi, consilium.
Nomi di actiones in 16 esempi: actio, contentio, consolatio, solacium, occupatio (4 volte), odium, respectus, spes (3 volte), studium.
Esse col dativo in Cesare, bell. Gall.,:
1, 11, 5: sibi praeter agri solum nihil esse reliqui;
6, 13, 2: nobilibus in hos eadem omnia sunt iura quae dominis in servos;
2, 6, 3: in muro consistendi potestas erat nulli;
7, 37, 3: locum consistendi Romanis in Gallia non fore;
[7,] 5, 5: quibus id consilii fuisse cognoverint;
[7,] 48, 4: Erat Romanis nec loco nec numero aequa contentio;
[7,] 77, 8: Quid enim…propinquis consanguineisque nostris animi fore existimatis…?;
2, 15, 4: nullum esse aditum ad eos mercatoribus e similmente 4, 2, 1: Mercatoribus est aditus
[2,] 16, 5: propter paludes exercitui aditus non esset;
5, 27, 4: Civitati porro hanc fuisse belli causam.
Nep., Lys. 1, 4: nam hanc causam…sibi esse belli;
Dion 2, 5: ne agendi esset Dioni potestas e 8, 5: nihil…periculi fore Dioni.
Habere aliquid cum aliquo in Cesare: bell. Gall. 1, 44, 9 (contentiones); 7, 67, 7 (controversiam); cfr. bell. civ. [3,] 16, 3).
Mihi res est cum aliquo è una frase volgare (in Plauto). Tac., Dial. 10: tecum mihi, Materne, res est. Cesare: mihi est aliquid (amicitia, hospitium, res…) cum aliquo in bell. Gall. 7, 39, 2: His erat inter se de principatu contentio. Questa locuzione si trova 6 volte in Cesare, 5 volte in Nepote.
Cicerone ha sempre inesse in (sola eccezione de off. 1, 151). Invece Sallustio ha sempre inesse alicui (rei), frequente anche in Livio e Tacito, tranne Cat. 15, 5: in facie vultuque vecordia inerat, perché il dativo vultui non era usato, e così il dativo faciei.
Inesse col dativo è la regola in Sallustio; frequente in Livio.
I composti absum, desum, supersum hanno il dativo del possesso: Ces., bell. Gall. 4, 26, 5: hoc unum… Caesari defuit.
Il dativo con sum indica, in modo sia pur vago, il fatto del possesso: il dativo è la persona interessata. Ma il genitivo possessivo pone in rilievo il possessore, e il fatto del possesso è solo una idea subordinata. Quindi il genitivo è il possessore permanente, il dativo è il possessore temporaneo. Liv. 8, 4, 5: (Latini concedunt) Romam caput Latio esse. (Romani concedunt… Romam caput Latii esse).
Il genitivo esprime il possessore, il dativo piuttosto la cosa posseduta.
Esse ed habeo:
Virg., Ecl. 1, 80: sunt nobis mitia poma.
Virg., Aen. 2, 584: habet haec victoria laudem;
Virg., Aen. 11, 373-374: si qua tibi vis, si patrii quid Martis habes.