Luigi Ceci
Sintassi latina
Dativo con similis
Similis col dativo si trova in tutti i periodi della lingua latina e in tutti i generi. Similis col genitivo è quasi escluso dall’alta poesia. Cicerone usa di più il genitivo. Il genitivo è usato in alcuni periodi e in alcuni generi della letteratura, fino a cadere quasi in disuso.
Similis col genitivo del pronome personale è una costruzione antica del linguaggio vivo; similis col genitivo è formazione analogica di codesto uso. Similis col genitivo è del linguaggio familiare.
In Virgilio sempre similis col dativo.
Cic., nat. deor. 2, 140: Itaque plectri similem linguam nostri solent dicere, chordarum dentes, nares cornibus iis, qui ad nervos resonant in cantibus.
Cic., nat. deor. 1, 90: Nec vero intellego, cur maluerit Epicurus deos hominum similes dicere quam homines deorum. Quaeres quid intersit. Si enim hoc illi simile sit, esse illud huic.
Cic., Tusc. 3, 23: aegris enim corporibus simillima animi est aegritudo; at non similis aegrotationis est libido, non immoderata laetitia, quae est voluptas animi elata et gestiens. Ipse etiam metus non est morbi admodum similis.
Cic., de fin. 2, 17: rhetoricam palmae, dialecticam pugni similem esse dicebat.
Cic., nat. deor. 2, 29: in belua quiddam simile mentis.
Cic., de fin. 5, 38: Sunt autem bestiae quaedam, in quibus inest aliquid simile virtutis (il ritmo permette anche virtute).
Per il ritmo, cfr. Cic., Acad. 2, 54: Sed si satis est ad tollendam cognitionem similia esse multa multorum, cur eo non estis contenti, praesertim concedentibus nobis?.
Nell’antica latinità e in Cicerone, ricorre sempre: portenti, monstri, ostenti, prodigii simile. Mai il dativo: l’espressione è indefinita. Cfr. però Livio 10, 47, 6: portentoque similis.
Veri similis è formula fissa: Cic., de inv. 1, 82: si res aut vera aut veri similis permittet.
Col pronome, similis (dissimilis) mei, tui, sui, nostri, vestri.
Cic., Phil. 10, 3: Cur semper tui dissimiles defendis?.
In altre forme, col genitivo e col dativo, ma con forte prevalenza della costruzione genitivale. Per esempio, in Cicerone quando si paragonano persone con persone si usa 88 volte il genitivo e solo 9 volte il dativo; quando si comparano cose con cose, si hanno 65 esempi col genitivo, ma 59 col dativo.
Le distinzioni tra somiglianza interna e somiglianza esterna non reggono: in Cicerone, 29 esempi col genitivo e 11 col dativo di outer likeness; 73 esempi col genitivo e 39 col dativo di outer likeness.
In Livio (libri 1-10 e 31-40) 8 volte col genitivo, di cui 6 nella prima deca, 43 col dativo. Livio nella prima deca ha due volte similius vero (veri similius è uso costante negli antichi autori).
In Tacito, 1 volta col genitivo (cfr. Hist. 3, 76: Lascivia socordiaque gladiatorum magis quam ducum similes), 7 col dativo.
In Svetonio, mai col genitivo, 10 volte col dativo.
In Quintiliano (libri 1-6), 7 volte col genitivo, 63 col dativo.
Persone comparate con persone, cose con cose, animali con animali; persone con cose e con animali; cose con animali; somiglianza esterna od interna; somiglianza generale.
In poesia, si usa similis prevalentemente col dativo. In Plauto, 15 volte col genitivo, 4 col dativo. In Virgilio, 1 volta col genitivo (cfr. Aen. 5, 594: delphinum similes), 17 col dativo. Il genitivo anche in Or. Sat. 2, 1, 3.
Il latino dice simile veri, ma non similia verorum (sempre similia veris: cfr. Liv. 5, 21, 9). Così, il participio futuro in –urus di regola non ha il genitivo plurale.